Il dibattito attorno alle pratiche di vertical farming è molto accesso e non mancano le prese di posizione, anche aprioristiche, a favore o contro. Come sempre, non voglio esprimere giudizi di merito ma cercare di stimolare la conversazione chiarendo concetti e circostanze.
Nelle riflessioni con imprenditori, startupper e investitori il tema ricorrente è uno: le tecnologie alla base delle coltivazioni fuori suolo costituiscono davvero il futuro della produzione agroalimentare mondiale o sono solo un’illusione, una rappresentazione errata del futuro?
Cos’è il vertical farming
Partiamo dalle basi. Con “vertical farming” si intende individuare quella coltivazione senza suolo organizzata in ambienti chiusi, in verticale e sotto la gestione e il controllo di sistemi automatizzati. Le modalità di coltivazione di questo tipo vengono definite, a seconda delle caratteristiche, idroponica, acquaponica o aeroponica.
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Vertical farming – perché?
Le ragioni che stanno alla base dell’idea di vertical farming sono diverse. Prima di tutte, però, emerge con tutta evidenza la necessità di soddisfare una richiesta di prodotti alimentari crescenti e, anche alla luce degli ultimi due anni, dimostratasi insostenibile. Basti pensare all’Overshoot Day o, ancora, alle difficoltà di approvvigionamento di materie prime.
Non solo risposta alla domanda di alimenti. La coltivazione fuori suolo potrebbe rappresentare una risposta anche alla sostenibilità ambientale ed economica del prodotto alimentare. Avere strutture simili nei centri città – o nei pressi di questi – potrebbe diminuire la necessità di trasporto e, quindi, inquinare meno, far calare i prezzi e offrire occasioni di lavoro nei grandi centri abitati. Tutto ciò senza considerare lo stop all’erosione del suolo.
La coltivazione idroponica
La coltivazione idroponica, una delle possibili alternative per il vertical farming, si caratterizza per l’assenza di suolo e per la sua sostituzione con un substrato inerte irrigato con una soluzione altamente nutritiva per le piante. Le piante, quindi, in questo caso, sono immerse in acqua da cui traggono i nutrienti.
Acquaponica
La coltivazione acquaponica è una modalità che prevede, contemporaneamente, un sistema di agricoltura idroponica e uno di allevamento. In sostanza, la coltivazione idroponica avviene sfruttando anche l’acqua di acquacultura, ricca di sostanze di scarto dei pesci. Tale acqua nutre le piante che ne assorbono i nutrienti e la filtrano e, infine, rientra nelle vasche di acquacultura per ricominciare il ciclo.
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Aeroponica
La coltivazione aeroponica avviene in serra. Le piante sono sospese in aria e i nutrienti vengono nebulizzati direttamente sulle radici tramite una soluzione di acqua arricchita da fertilizzanti e nutrienti. Le piante, in ambiente chiuso e controllato, non vengono mai esposte ad agenti inquinanti e infestanti azzerando, così, l’uso di fitofarmaci.
Vertical farming e certificazione BIO, la situazione in Europa…
Ora, verrebbe certamente da chiedersi se questi sistemi, oltre a essere molto efficaci sulla carta, siano in grado di conquistare il futuro dell’agricoltura sostenibile. La risposta non è scontata.
Molte, infatti, sono le voci che vorrebbero imporre un freno o, almeno, un controllo ai metodi menzionati. Si tratta di pareri esposti a tutela dell’agricoltura tradizionale e di tutti gli operatori del settore.
Tali voci, inoltre, aveva trovato esplicito accoglimento in alcune norme. Il regolamento (CE) n. 834/2007 disciplinante l’agricoltura biologica, ad esempio, al suo interno specifica che:
Poiché la produzione biologica vegetale si basa sul principio secondo cui i vegetali devono essere nutriti soprattutto attraverso l’ecosistema del suolo, i vegetali dovrebbero essere prodotti sul, e nel, suolo vivo, in associazione con il sottosuolo e il substrato roccioso. Di conseguenza, non dovrebbero essere ammesse né la produzione idroponica, né la coltivazione di vegetali in contenitori, sacche o aiuole in cui le radici non sono in contatto con il suolo vivo.
Anche il nuovo regolamento (UE) n. 2018/848 evidenzia che:
È vietata la produzione idroponica, vale a dire un metodo di coltivazione dei vegetali che non crescono naturalmente in acqua consistente nel porre le radici in una soluzione di soli elementi nutritivi o in un mezzo inerte a cui è aggiunta una soluzione di elementi nutritivi.
Le norme sono chiare, per certi versi comprensibili e dispongono il divieto di ottenimento della certificazione BIO per l’agricoltura idroponica e le altre coltivazioni fuori suolo.
…e negli USA
Anche negli Stati Uniti la certificazione BIO è sottoposta alla condizione di garantire, tra le altre cose, la salute del suolo e l’incremento delle proprietà biologiche, fisiche e chimiche del suolo. L’US Department of Agricolture, però, ha confermato la possibilità di ottenere la certificazione BIO per le coltivazioni idroponiche
Conclusioni
Le prospettive per i metodi di coltivazione fuori suolo sono estremamente variabili e, al momento, non è semplice definire un percorso chiaro, specie in ragione dell’opposizione, anche culturale, in atto, giusta o sbagliata che sia.