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Materie prime, energia, Ucraina: la tempesta perfetta per l’agroalimentare?

L’ho già scritto su LinkedIn ma trovo sia importante ribadirlo: sulla tragedia ucraina, così come su altre questioni, è bene che parli chi è esperto. Non è certamente mio compito commentare, giustificare, prevedere scenari su quanto di terribile sta accadendo, specie su un network professionale come questo. Condivido, però, con altri professionisti con i quali mi sono confrontato, la necessità di intraprendere una profonda riflessione circa il presente e il futuro del settore agroalimentare, ivi incluse le ripercussioni del conflitto.

Qualche giorno fa ho pubblicato una puntata del podcast titolata “la tempesta perfetta” in cui ho analizzato le condizioni socio-economiche straordinarie in cui imprese dell’agri-food operano da un anno ad oggi. Ne ho percezione quotidiana, con imprenditori messi alle strette, costretti dalla carenza di materie prime, aumento dei costi e spesso letteralmente condannati da una burocrazia ancora troppo lenta e, a riprova del fatto che la pandemia non ci abbia insegnato nulla, incapace di reagire tempestivamente alle difficoltà. Mi pare sia opportuno riportare qui l’esito di qualche riflessione e confronto.

I costi delle materie prime

Dallo scorso anno alcuni clienti hanno cominciato a segnalare con insistenza il problema legato all’aumento dei costi delle materie prime che ci ha portato poi a rinegoziare i contratti di distribuzione. Sui dati relativi agli aumenti non entrerò nel dettaglio, ne ho già parlato ampiamente su alcune puntate del podcast, che ti invito ad ascoltare (ti ricordo che per non perdere nessuna puntata puoi iscriverti al canale telegram e ricevere le notifiche di pubblicazione). E’ opportuno, però, ragionare sulle motivazioni, sulle radici profonde di questa crisi. Certo, la pandemia ha giocato un ruolo fondamentale, specie se si considera l’aumento dei costi di trasporto. Ci sono, però, alcune ragioni che non sono transitorie come, ad esempio, il cambiamento climatico. Basti pensare che l’emergenza climatica ha portato a una drastica riduzione della produzione in Brasile e, dunque, a un aumento dei costi delle varie materie prime esportate, circostanza ampiamente analizzata in questa pubblicazione su Nature Climate Change.

Costi energia

Di recente, a contribuire alle problematiche del settore agroalimentare, si è innestata anche la crisi energetica. E’ chiaro che non tutte le imprese alimentari risentono di tale circostanza. A farne le spese sono principalmente le imprese di trasformazione, specie se energivore e prive di un’analisi di sostenibilità ambientale. Peraltro, la recente protesta degli autotrasportatori collegata agli aumenti del costo della benzina – per cui il governo ha annunciato lo stanziamento di 80 milioni di euro -, ha esaltato le difficoltà menzionate.

Leggi anche Come reagiscono i consumatori alle informazioni sulla carbon footprint dei prodotti alimentari?

La situazione in Ucraina

Come evidenziato da il Sole24Ore i prezzi del grano sono aumentati del 5,7% solo nel primo giorno di conflitto, raggiungendo il valore massimo da 9 anni a 9,34 dollari a “bushel”. Questo perché Russia e Ucraina sono rispettivamente, il primo e il terzo esportatore di grano al mondo. L’Ucraina, inoltre, dal 2012 ad oggi, ha triplicato le esportazioni di grano, orzo e mais, superando in breve tempo gli Stati Uniti. Segnalo, sul punto, questo interessante articolo. La riflessione va, poi, arricchita del peso che i dazi verso la Russia, partiti nel 2014, hanno sull’export, anche italiano.

E le soluzioni?

Certo, nessuno ha la soluzione a portata di mano. Ci sono, però, alcuni fattori da tenere in considerazione. La pandemia ci ha insegnato il valore della parola “resilienza”, spesso abusata ma mai come ora attuale. Le imprese devono diventare più resilienti, i sistemi devono diventare resilienti. Questo significa adattarsi, analizzare i dati e convertire la propria produzione, diversificarla e, soprattutto, individuare e limitare il rischio, anche tramite una continua analisi della compliance normativa, agroalimentare e ambientale.

La resilienza, inoltre, è una questione di sistema e rapporti, anche contrattuali. E’ una questione, insomma, di sostenibilità economica e sociale. Le dinamiche sono note a tutti ma mai come ora sembra si stia cercando di indirizzare le produzioni tramite politiche internazionali, europee e nazionali da cui derivano finanziamenti, bandi, agevolazioni.

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