Il rapporto tra virus e settore agroalimentare e, soprattutto, la reazione di questo al primo farà riflettere a lungo. Adesso, però, occorre parlare di approccio di filiera nella gestione del rischio
All’inizio erano solo gli italiani. Poi quella dei supermercati presi d’assalto è diventata una pratica diffusa in tutto il mondo, a ricordarci che “ogni mondo è paese”. Anche i servizi di consegna a domicilio sono in totale sovraccarico e questo dimostra tutta l’importanza delle filiere agroalimentari. Basti pensare che, stando a quanto riportato da GDO news sulla base di una ricerca Nielsen, la settimana tra lunedì 24 febbraio e domenica 1° marzo, ha visto una notevole crescita delle vendite della Grande Distribuzione Organizzata rispetto alla stessa settimana del 2019: +12,2%. A crescere è anche l’e-commerce che, secondo la stessa ricerca, nella stessa settimana, ha visto un aumento delle vendite del +30% rispetto alla settimana precedente.
Virus e settore agroalimentare: le problematiche
In questo contesto le problematiche legate alla gestione delle filiere non sono state poche. Alcuni di questi sono stati evidenziati dalla fooddrinkeurope, l’associazione di produttori del settore agroalimentare che ha lo scopo di semplificare l’emissione di politiche in grado di agevolare l’incontro tra le esigenze delle aziende e dei consumatori.
In una comunicazione inviata alla Commissione il 23 marzo 2020, infatti, l’associazione ha evidenziato cinque richieste ritenute essenziali.
1) supportare la forza lavoro del settore alimentare.
Si chiede, in particolare, di considerare che le filiere agroalimentari, pur poste in una situazione di emergenza, si trovano ad agire con una forza lavoro ridotta, ovviamente, a causa della necessità di restare a casa o di malattia. E’ necessario, in particolare, fornire permessi speciali ai lavoratori del settore, così come per quelli impegnati nel settore medico.
2) riconoscere l’intera filiera agroalimentare come attività essenziale
La Commissione il 16 marzo ha inserito la fornitura di cibo tra i servizi essenziali. Tale indicazione, però, è stata accolta dai paesi membri in modo differente, specie se si tiene in considerazione l’elevatissimo numero di aziende coinvolte nella filiera e la loro eterogeneità.
3) sbloccare i trasporti
Il terzo problema evidenziato è quello dei trasporti. La filiera agroalimentare, come noto, necessita di un sistema di trasporti immediato ed efficace. Questa crisi ha portato ad un progressivo aumento delle code, definite dalla comunicazione “collo di bottiglia”.
4) supportare le aziende in difficoltà
Il 95% delle imprese europee operanti nel settore food and beverage è di media o piccola dimensione. La pandemia sta mettendo a serio rischio l’esistenza delle stesse ed è, quindi, necessaria una collaborazione con gli stati membri al fine di coordinare misure d’emergenza.
5) facilitare gli scambi commerciali nel mondo
L’Unione Europea importa ingredienti ed esporta alimenti. Questa crisi ha causato un notevole rallentamento del commercio mondiale, specie verso la Cina e il resto d’Asia. E’, quindi essenziale, comunicare maggiormente con i partner commerciali al fine di garantire il prosieguo degli scambi commerciali.
L’approccio di filiera nella gestione del rischio
Ora, tutto quanto appena scritto non può che essere condivisibile. Il rapporto tra virus e settore agroalimentare, però, sta evidenziando la fortissima necessità di un totale cambiamento di paradigma nelle filiere agroalimentari.
In un momento come questo tutto cambia: le priorità, i costi, le scelte del consumatore.
Le filiere stanno, fortunatamente, rispondendo con enorme sforzo alle necessità che questa situazione impone e ai cambiamenti che ne derivano ma lo stanno facendo in una modalità “emergenziale”, patologica e, quindi, solo parziale. Ed è qui il problema.
Questo momento storico sta dimostrando, in moltissimi casi, l’assenza di un piano di emergenza, di una modalità di gestione del rischio ben definita che, si badi, non può prescindere da una gestione strategica dell’intera filiera di produzione e commercializzazione. Occorre, infatti, avere assoluta certezza della continuità, ad esempio, di approvvigionamento delle materie prime, dei costi delle medesime, delle modalità di traporto e dei tempi di commercializzazione. E questo vale sia per garantire la continuità dei rifornimenti ma anche – e soprattutto – per garantire che tutte le imprese poste sulla filiera possano sopravvivere ad una crisi simile. Senza gestione integrata della filiera agroalimentare non può esservi un piano di crisi.
Abbiamo affrontato il tema anche nell’ebook “riqualificare le filiere agroalimentari“.
Anche le istanze politiche, come quella sopra riportata, valgono a ben poco se poi non trovano, a monte, una filiera solida e in grado di ben integrare il piano di crisi.
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