La Carbon Footprint è una metodologia standardizzata e misura la quantità di gas serra associati ad un prodotto. Come reagiscono i consumatori?
Qualche settimana fa, durante un convegno tenutosi presso la sala consiglio della Città Metropolitana di Bari, confrontandomi con una Docente universitaria, ho posto una domanda: come è possibile reperire informazioni circa la sostenibilità ambientale dei prodotti alimentari?
La domanda è chiaramente provocatoria e che credo debba indurre a un ulteriore interrogativo: come può il consumatore fare delle scelte consapevoli? Se, infatti, da un lato, la strategia Farm to Fork parla chiaramente della necessità di “in-formare” il consumatore, dall’altro lato, ci stiamo dotando di strumenti in grado di incentivare scelte consapevoli?
Un esempio norvegese
Per questo motivo ho pensato, oggi, di mettere in luce un caso del quale ho parlato anche in una puntata del podcast.
Partiamo dal contesto.
Siamo in Norvegia nel 2021 e il supermercato online ODA ha deciso di fornire al consumatore informazioni circa l’impatto ambientale dei prodotti che sta acquistando, scegliendo una strategia incentrata sulla carbon footprint.
Cos’è la Carbon Footprint
La Carbon Footprint è una metodologia standardizzata. Essa misura la quantità totale di anidride carbonica e altri gas serra che vengono associati ad un prodotto durante il suo ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime allo smaltimento. Qui trovi un articolo su CF ma anche Water Footprint e Life Cycle Assessment.
La decisione di ODA
Il marketplace ODA, dunque, ha deciso di classificare i prodotti alimentari presenti a catalogo in collaborazione con l’agenzia di ricerche di mercato Cicero. Tale attività ha portato all’individuazione di tre classi di impronta di carbonio: alta, media, bassa. Ogni prodotto è stato, quindi, “classificato” e tale informazione è stata fornita al momento dell’acquisto.
Le conseguenze
Sono le conseguenze ad essere di assoluto interesse per quanto qui rileva. La Direttrice della sostenibilità di ODA, infatti, ha dichiarato che il feedback dei clienti è stato positivo e si è concretizzato in:
– Aumento delle vendite di hamburger veg a discapito di quelli di carne rossa e della vendita di alternative alla carne (+80%)
– Crescita della vendita di prodotti ritenuti più sostenibili (la zuppa di lenticchie ora è tra i primi dieci prodotti più venduti, l’anno precedente era tra i meno venduti)
– Cambio delle abitudini dei clienti nell’acquistare prodotti freschi (+50%).
Conclusioni
Chiaramente un esempio non può far scuola e neppure è questa la sede per entrare nel merito della validità dello strumento adottato nel caso in esame. Possiamo, però, ricavarne qualche utile osservazione circa il cambiamento in atto e forse, rispondere alla domanda posta in apertura. Il consumatore ha dimostrato la sua sensibilità verso le tematiche ambientali. Al contempo, ha avvallato la necessità di la richiesta di informazioni sul tema che, è bene ricordarlo, possono essere fornite tramite certificazioni, protocolli o comunicazioni differenti.